ESISTI


Devo parlare perchè non c'è altro modo per portarti verso il silenzio che esiste dentro di me.

Tu non lo staresti a sentire, sai ascoltare soltanto le parole.
Per questo sorrido quando comincio a parlare.
Ma mentre parlo è difficile sorridere, è una tale tortura, uno sforzo iutile dire qualcosa che non può venire detto, parlare di ciò di cui non si può parlare...
Ma non c'è altro modo, per cui devo continuare.
Un pò alla volta sarai in grado di sentire il non verbale, quello che è oltre alle parole.
Piano piano sarai in grado di ascoltarmi quando non stò parlando e allora non ce ne sarà più bisogno...
Allora sorriderò continuamente...

1- Ricorda: il dubbio è la cosa più preziosa che hai,poiché un giorno ti aiuterà a scoprire la verità. Ecco perché vorrei che questa fosse la mia prima richiesta: dubita finché non hai scoperto. Non credere finché non sei venuto a conoscenza di te stesso. Allorché credi,non sarai più in grado di conoscere te stesso; poiché la fede uccide il dubbio. Uccide l’indagine. Ti allontana dal tuo strumento più prezioso. Dubita, e continua a dubitare finché non arrivi a un punto in cui non puoi più farlo. E accadrà solo quando arriverai a conoscere qualcosa di te stesso. Allora non c’è più motivo di dubitare, non c’è più spazio per il dubbio.

2- La seconda richiesta: non imitare mai.La mente è un’imitatrice, poiché l’imitazione è molto facile. Essere qualcuno è difficile. Diventare qualcuno è semplice – devi solo essere ipocrita, cosa non complessa. Dentro di te rimani lo stesso di sempre, ma in superficie continui a dipingerti in funzione di un’immagine. Puoi essere solo te stesso. Tutto ciò che è originale ha la sua bellezza, la sua fragranza. Ogni cosa imitata è morta,spenta,falsa. Puoi fare finta,ma chi puoi ingannare? Eccetto te stesso, nessuno. E che senso ha ingannarsi?. La prima cosa da imparare è che non imitare è uno dei fondamenti della vita religiosa. Non essere cristiano, e nemmeno mussulmano o indù, così potrai scoprire chi sei. Ma di solito inizi a pensare che sei cristiani. Piano piano, condizionato dalla società,dai genitori, dall’educazione, lo diventi. Ti scordi completamente di non essere nato cristiano, dimentichi del tutto il tuo potenziale. Ti sei mosso in una direzione che forse non corrisponde al tuo potenziale. Te ne sei allontanato, dovrai tornare indietro. Quando dico questo a una persona fa male. Manon posso fare altrimenti. Deve far male. Nel diventare cristiano ti sei allontanato chilometri…. li devi ripercorrere all’indietro, e sarà un’impresa ardua. Ma se non ritorni al punto dal quale ti sei allontanato, non potrai scoprire te stesso – ed è questo ciò che si deve scoprire.

3- La terza richiesta: guardati dal sapere teorico. Diventare colti non costa nulla. Hai a disposizione testi sacri, libri, università; è semplice diventare colti. E una volta diventato colto, ti trovi in uno spazio molto delicato, poiché l’ego vuole credere che questo sapere sia tuo, che non si tratta solo di conoscenze acquisite, ma della tua saggezza. L’ego vorrebbe trasformare la conoscenza in saggezza. Inizierai a credere di sapere. Non sai nulla. Conosci solo i libri e ciò vi è scritto. Solo parole, e le parole non sono esperienza.Puoi continuare a ripetere per milioni di volte la parola amore, non ti darà alcun assaggio dell’amore. Ma se leggi dei libri sull’amore – e ne esistono migliaia – puoi diventare così sapiente sull’amore, da dimenticare completamente che non hai mai amato, che non sai cosa significhi l’amore, oltre a ciò che è scritto nei libri. Quindi la terza cosa è guardarsi dal sapere teorico, essere così sveglio e attento che, in qualunque momento tu lo voglia, puoi mettere da parte il tuo sapere e questo non bloccherà la tua visione. Il tuo sapere non si frapporrà mai tra te e la realtà. Devi incontrare la realtà completamente nudo. Ma se tra te e la realtà ci sono troppi libri, ciò che vedrai non sarà il Reale. Sarà totalmente distorto dai tuoi libri che, ciò che vedi, non avrà alcuna connessione con la realtà.

4- La quarta cosa: non posso dire, come fanno tutte le religioni, che pregare ti renderà religioso, perché si tratterebbe di una falsa religiosità. Quindi la parola preghiera, nella mia concezione di religiosità, deve essere completamente abbandonata. Dio non esiste, perciò parlare a un cielo vuoto è assolutamente insensato. Amore è la mia parola chiave, non preghiera. Dimentica la parola preghiera, sostituiscila con amore. L’amore non è rivolto a un Dio invisibile. E’ rivolto a ciò che è visibile – gli esseri umani, gi animali, gli alberi, gli oceani, le montagne. Dischiudi quanto più ti è possibile le ali dell’amore. E ricorda che l’ amore non ha bisogno di una fede. Anche l’ateo ama, anche il comunista e il materialista amano. Quindi è qualcosa di intrinseco – non è imposto dall’esterno – è il tuo potenziale di essere umano. E vorrei che ti affidassi a quello, piuttosto che ai falsi condizionamenti religiosi. Porta con te solo l’amore, è parte del tuo essere. Ama senza inibizioni, senza tabù.....

IL CONFLITTO

Il conflitto è un elemento indispensabile in una relazione. Il conflitto è uno scambio e un confronto importante per crescere e per condividere idee, modi di vita e culture diverse. Spesso gli esseri umani hanno paura di entrare in conflitto perché il conflitto genera emozioni e alcune di queste emozioni si pensa possano essere non controllabili. Il conflitto infatti genera rabbia, paura, sofferenza. Tuttavia il conflitto permette a queste emozioni di venire a galla e di essere elaborate. Il conflitto inoltre è il mezzo attraverso il quale si esprime il karma. Il conflitto esiste sempre, anche quando non lo si fa emergere. Farlo emergere è sano ed utile. Il conflitto sano è un confronto tra diversi modi di intendere la vita, tra valori simili o diversi, tra scelte e motivazioni diverse. Il conflitto può anche essere forte, ma è meglio un conflitto forte che un “non conflitto”. Fino a quando c’è conflitto infatti c’è reciprocità, c’è voglia che l’altro ci sia, c’è possibilità di dialogo. Il conflitto infatti è un sistema relazionale insito nell’uomo. La mancanza di conflitto è repressione, è non voler vedere, è nascondersi. Il conflitto non è violenza e va distinto da questa. La violenza è il desiderio di eliminazione dell’altro. Il conflitto è interagire con l’altro. La violenza nega l’altro. Quando qualcuno mi ha fatto talmente male da non desiderare più che esista, questa è violenza. Quando con qualcuno ho ancora voglia di discutere e anche di litigare, e anche di confrontarmi duramente, ma desidero che ci sia, proprio per poter portare avanti questo confronto, questo è conflitto. Se si volesse diminuire la violenza occorrerebbe aumentare il conflitto. Quando si odia si vuol vedere l’altro morto o fuori dalla nostra vita; quando si discute, l’altro è ancora presente nella nostra vita e anche se le nostre idee sono incompatibili, comunque c’è confronto anche nello scontro. Il conflitto non sempre deve essere risolto, e non sempre c’è una soluzione al conflitto. Quando si capisce quando un conflitto è terminato? Quando le parti in conflitto decidono che c’è incompatibilità oppure che c’è una possibilità di accordo. Può essere concluso da una delle due parti che si ritira, o da ambedue. Può essere innescato un processo di soluzione pacifica che può risolversi in un accordo, come si può vedere che non c’è possibilità di incontro in quanto le posizioni, le culture, i valori sono appunto incompatibili. In questo caso c’è comunque un accordo nel “non accordo” e questo può essere deciso da entrambe le parti o da una sola. Un altro mezzo per concludere un conflitto può essere quello che viene usato nei conflitti di popoli, ma non solo, può anche essere adottato da coppie o da gruppi ed è lo strumento della mediazione. Una terza persona/nazione, che è al di sopra delle parti, interviene entrando nel conflitto e aiuta le parti ad intendersi: o comprendendo che non c’è intesa o comprendendo che c’è possibilità di accordo. Soprattutto in casi di conflitti tra popoli, ma anche in casi di famiglie o di coppie, questa figura diviene molto utile se non addirittura indispensabile. Fino a che c’è conflitto c’è scambio, c’è crescita, c’è insegnamento e apprendimento e soprattutto c’è relazione. Un invito e un suggerimento che posso dare è quello di non rifiutare il conflitto, di non tenere dentro di sé ciò che non va bene in una relazione. Vi invito ad esplicitare il malessere e il disagio ogni volta che si affaccia. Non abbiate paura ad entrare nel conflitto, abbiate paura quando il conflitto non c’è. Ogni volta che in una relazione si manifesta un disagio, un turbamento, una sensazione di malessere, fermatevi ed entrate in conflitto: esplicitate il vostro dissenso, confrontate con l’altro le vostre idee, dite: “Ciò che mi risulta difficile accettare/comprendere è…”. Iniziate, se volete un conflitto sano e non cruento, dicendo il vostro punto di vista senza accusare l’altro, senza giudicare, ma fatevi le vostre ragioni mettendo allo scoperto il disagio. Poi chiedete all’altro di fare lo stesso. In quel momento siete entrati veramente in relazione. Il secondo passo è quello di “ascoltare” con attenzione, profondamente, le ragioni e i valori dell’altro. Una volta che ambedue avete esplicitato il disagio, potete cercare insieme soluzioni creative che permettano ad ambedue di proseguire la relazione in maniera soddisfacente. Se le soluzioni non si trovano perché i punti di vista sono incompatibili, prendetene atto e fate le vostre scelte consapevoli. Questa incompatibilità c’era anche prima di esplicitare il conflitto e, non dicendo nulla, avete solo represso i vostri bisogni i quali prima o poi avrebbero innescato desideri di violenza. Può esserci una soluzione pacifica di un conflitto? Sì, se si mette da parte l’ego e si parla umilmente con il cuore e ascoltandosi reciprocamente. In questo caso si possono trovare soluzioni creative e convenienti per le parti. Può un conflitto sfociare in violenza? Fino a quando nessuno dei due o più contendenti in un conflitto ha il desiderio di eliminare l’altro (interlocutore o gruppo), non c’è violenza, anche se ci fossero insulti o persino percosse. La violenza è un atto che tende all’eliminazione di chi si ritiene essere la causa del malessere o della sofferenza. Come ho detto prima, nel conflitto c’è invece volontà di relazione anche quando è forte. Ci sono indicazioni particolari per affrontare un conflitto nei casi in cui si ritiene che almeno uno dei contendenti sia molto suscettibile (personalità molto reattiva)? In casi in cui vi è una situazione di forte paura (timore di potere essere eliminati) si vive una condizione di violenza, ed è auspicabile passare da questa condizione ad una condizione di confitto. Tuttavia quando si vive in uno stato di violenza, senza un intervento esterno è difficile trasformare la violenza in conflitto, suggerirei quindi in questi casi l’intervento di un mediatore esterno. Per alcune persone generare conflitti è naturale, per altre è molto difficile, perché? Inoltre credo ci siano persone (probabilmente ciò può valere anche in scala più ampia) che non sanno riconoscere il proprio disagio o, anche se provano disagio, hanno difficoltà ad individuarne le cause e questo rende difficile sia aprire che sostenere un conflitto. Cosa suggerire? Ci sono persone che in famiglia hanno vissuto situazioni conflittuali e questo le ha abituate a saper gestire le emozioni collegate o provocate dal conflitto, altre persone invece non hanno vissuto conflitti e quindi ne hanno paura o non si sentono in grado di gestire l’emozione del conflitto. Tuttavia il conflitto esiste ed è impossibile che non esista in quanto non c’è una persona uguale ad un'altra e essendoci idee diverse e concezioni di vita diverse c’è per forza di cose, insito nell’essere umano, il conflitto. Chi lo nega è perché ne ha paura e lo reprime, o a volte chi lo nega è perché ha un’immagine negativa del conflitto e, al contrario, un idea “ideale” che possa esistere un mondo idilliaco dove tutti vivono in armonia e in pace. Questo è un modo di pensare legato all’adolescenza o all’infanzia e non è reale. Chi nega il conflitto si reprime o non vuole riconoscere le sue emozioni. Tu dici che ci sono persone che non sanno riconoscere un proprio disagio o individuarne le cause. Il punto non è individuarne le cause, queste verranno fuori proprio quando si accetterà di entrare in conflitto, il punto è che il disagio fino a quando è leggero può ancora essere sopportato, ma quando diventa sofferenza o turbamento o rabbia, non può più essere negato. Il conflitto serve a stabilire la relazione e, come ho detto, a confrontare le diverse opinioni, anche se per farlo occorresse per estremo, litigare. Se si vive un rapporto o una relazione senza conflitto non vi è confronto: vi è indifferenza o repressione. L’indifferenza è una forma di violenza. “Io non ti calcolo, per me è come se tu non esistessi”. Di fatto si “elimina” l’altro dalla propria vita, non rivolgendogli la parola, e ignorando la sua esistenza anche se vive accanto a noi. Ecco perché è sempre meglio un conflitto che l’indifferenza o il non conflitto. Con questo non intendo dire che occorra entrare in conflitto se uno preferisce bere un the e l’atro un caffè o se uno preferisce dormire di più al mattino e l’altro si alza presto. Ma se questi atti ripetuti provocano irritazione e sentimenti di disagio forti, allora bisogna esplicitare all’altro il nostro disagio. Le cause poi usciranno man mano che il conflitto emerge. Facilmente si può iniziare un conflitto da una situazione apparentemente sciocca, per poi arrivare a confrontare ideali e valori molto più profondi.....

LIBERARSI DALLE DOTTRINE


"Per raggiungere la verità è necessario liberarsi da tutte le dottrine, da tutte le strutture formali. La realizzazione della verità accade solo quando si è totalmente liberi. L'attaccamento è un segno di dipendenza; indica mancanza di fiducia in se stessi. La fede negli altri e non in se stessi è una forma di schiavitù. Solo l'uomo libero dalla fede negli altri è veramente libero. La fede nei preti, nelle sette o nelle scritture indica che sei dipendente. Anche la fede nelle parole o nei credo è dipendenza. Io ti dico: solo la vera libertà conduce alla verità. Devi disfarti di tutti i pensieri e di tutti i credo che hai acquisito dagli altri, non importa chi essi siano. Fa parte della crescita naturale di un uomo arrivare a riconoscere la propria ignoranza. E una volta che l'ha realizzata, non deve mai tornare indietro. Questa tendenza a dimenticare è autoinganno; è un tentativo di rendere luminoso il buio vuoto del sé. Un complesso d'inferiorità è figlio di questo vuoto e coloro che soffrono di un senso di inferiorità bramano la posizione sociale, la forza e il potere. Sono come zoppi che bramano di compiere grandi prodezze di abilità fisica. È impossibile scappare da se stessi. Per rendere tollerabile la tensione un uomo ha bisogno di intossicarsi, per esempio con il vino, le donne, il canto, la ripetizione di mantra, preghiere o adorazioni. Il desiderio di ricchezza, di potere e di conoscenza, tutto questo non è altro che il desiderio di dimenticare il sé. E per farlo è necessario un vino molto forte. Alcuni si rivolgono alla religione, che per loro diventa così un potente narcotico. Questa è la ragione, nelle cosiddette società del benessere, dell'aumento di interesse nella religione. Ma è ancora una corsa. La questione fondamentale non è come cambiare la direzione della corsa, ma come porle fine una volta per tutte. Il filosofo scappa attraverso il pensiero, l'artista attraverso la sua creazione, il politico attraverso il potere, il ricco attraverso le ricchezza, l'asceta attraverso la rinuncia e il devoto attraverso Dio. Ma la verità può essere realizzata solo dall'uomo che non cerca affatto di scappare dal proprio sé"....NAMASTE' (Anira)

GRATITUDINE E RELIGIOSITA'


Ti è stata data la vita. Ti è data la capacità di crescere. Ti è data ogni occasione di raggiungere la cima piu alta della conoscenza. Ti è dato un cuore che può sbocciare. Sentiti grato alla vita, e se ti senti grato diventerai sempre piu degno e sempre piu umile.....senza risentimento e senza lamento... E proprio questo è lo stato di un uomo religioso. Non c'è bisogno che tu appartenga a una religione organizzata per essere religioso. Religiosità è la gratitudine che provi per l'esistenza. Gli alberi cosi belli, il cielo infinito, cosi tante stelle..... e non hai dovuto pagare per questo. Ti è dato questo immenso universo con tutta la sua bellezza........le albe, i tramonti e tutti i fiori e gente stupenda. Osserva e ti renderai conto che ti è stato dato cosi tanto........ma tu l'hai dato per scontato. Non l'hai mai considerato....un regalo che l'esistenza ti ha fatto senza che tu lo chiedessi, senza che tu lo pretendessi. Una volta che cominci a vedere tutto quello che ti è stato dato....il tuo cuore si riempirà di gratitudine.......e questa gratitudine aprirà tutte le porte........tutte le finestre......... una sola cosa ti collega con l'esistenza ed è la GRATITUDINE... Allora cominceranno ad accaderti dei miracoli. E ti si apriranno le porte dei misteri............