Visto che sto facendo del bene, come mai sto male?


In questo caso, è utile interrogarsi in modo illuminante:

Sto facendo veramente del bene o soltanto immagino di farlo?

Non sarebbe naturale che fare del bene portasse a stare bene?

Ciò che mi hanno insegnato essere il bene è veramente il bene?

Come mai c’è tanto malessere, in un mondo dove tanti fanno ciò che è definito bene?


Cosa devo fare per stare bene?

Farmi del bene. Certo!

Ma cosa significa farmi del bene?

Per chi beve veleno scambiandolo per una medicina, l’avvelenamento è certo. Se non vuole morire avvelenato deve:

1) comprendere che ciò che crede(va) essere una medicina, è veleno, che ciò che immagina(va) essere il bene è invece il male;

2) smettere di assumere il veleno, cessare di applicare dei valori etici che sono benefici solo apparentemente;

3) capire cos’è l’effettivo bene;

4) agire in modo da disintossicarsi, migliorando la qualità della consapevolezza.

L’effettivo bene è quello indicato dall’etica spirituale. Seguendo i suoi principi in modo illuminante, non si corre il rischio di stare male facendo del “bene” e si migliora sicuramente la qualità della vita, che come individui siamo.

Molti immaginano di stare bene, ma si sono soltanto assuefatti al malessere, che notano soltanto “occasionalmente” e in parte. Altri addirittura si illudono che la sofferenza faccia bene perché purifica. Altri ancora pensano che il malessere sia lo stato naturale. Tutto questo perché ignorano il BenEssere dell’Amore, che non è il mero “voler bene”.

Il proverbio mal comune mezzo gaudio, può essere un modo molto efficace per ingannarsi e ingannare, giustificando falsamente il proprio malessere, invece di assumersene la responsabilità (non la colpa) e iniziare a tendere verso il BenEssere.

L’effettivo bene fa male all’identità immaginata, la fa scomparire. Per questo lei bolla spesso il bene come male.

L’identità immaginata è una disfunzione molto maliziosa, che ha non solo la capacità di ribellarsi alla cura illuminante, ma può anche prescrivere una “terapia” apparentemente benevola ed effettivamente maligna, che invece di far guarire (neutralizzare la stessa identità immaginata), peggiora il disturbo (la rafforza).

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